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Novarese, Antonella Enrica Gramone ha vissuto a lungo all’estero,lavorando anche a Budapest e al Foreign and Commonwealth Office di Londra. Dottorato all’Università di Cambridge (e Corpus Christi College) e Master all’Università di Warwick in Comparative Cultural Studies and translation. Vive oggi tra Novara e Milano. Si occupa di coaching e formazione e scrive per il mensile Quattrozampe, collaborando anche con varie testate. Ha pubblicato in digitale il romanzo Lalettrice di Nuvole (2021, disponibile anche in versione audio-book su Storytel), racconti in antologie (per Morellini, ExCogita, Marsilio), in versione audio (per SAGAEgmont) e riviste letterarie italiane e internazionali (Crack, Narrandom, Romance Studies, Neohelicon). Appassionata viaggiatrice, ha vinto ilpremioChatwin 2021 dedicato allanarrativa di viaggio con un racconto sul Kerala, India del Sud, premiato da Dacia Maraini. Con il romanzo L’arcipelago in città (ExCogita Casa editrice, 2023) ha vinto il premio Rotary Bormio Contea e la menzione d’onore ‘Casa Sanremo Library’ nel concorso letterario Casa Sanremo Writers 2024 svoltosi in concomitanza con il Festival della canzone italiana.
INTERVISTA
Cosa l’ha spinta a intraprendere la carriera di scrittrice/scrittore e come ha scoperto la sua passione per la scrittura?
Mi sono sempre occupata di scrittura nelle sue varie declinazioni: dal giornalismo a testi di taglio più saggistico. Mi sono però avvicinata alla narrativa in forma di racconti e romanzi in tempi più recenti, dopo moltissimi anni trascorsi all’estero per studio e per lavoro (Cambridge, Londra e una parentesi a Budapest, oltre e numerosi viaggi) in cui l’inglese è stato la mia principale lingua. Tornare a scrivere in italiano ha rappresentato, anche dal punto di vista linguistico, ‘tornare a casa’, per citare un’espressione di Anna Maria Ortese: una riscoperta della mia lingua madre, con tutto il suo imprinting emotivo e ricchezza di sfumature stilistiche. Più in generale, scrivere per me unisce una duplice tensione, centripeta e centrifuga: da un lato di riflessione interiore, dall’altro di apertura verso l’esterno, di condivisione del mio ‘sguardo’ sul mondo. Scrivere (e leggere) contengono a mio avviso grandi affinità con l’esperienza del viaggio, l’altra mia grande passione che mi ha portata dal confine con la Corea del Nord alla Nuova Zelanda alla Namibia al Kerala e in molte altre destinazioni: si compie in entrambi i casi un percorso, attraverso parole o spazi geografici. Scrivere, come viaggiare, è ogni volta una trasformazione, è alzare lo sguardo per volgerlo verso un altrove spesso sconosciuto (o conosciuto solo parzialmente) ricco infinite potenzialità, ponendosi sempre nuove domande: come scriveva Proust nella Recherche “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi.”
Come riesce a costruire i suoi personaggi? Si ispira a fatti realmente accaduti o è tutto frutto della sua mente?
Tutti i miei personaggi partono da spunti di realtà, da persone e situazioni incontrate nei miei viaggi o nella vita di ogni giorno. Alla base dei miei mondi narrativi c’è comunque sempre una fase di documentazione: amo frequentare biblioteche e librerie; ho ricordi bellissimi dell’immensa University Library di Cambridge e di quella più antica e piena di testi preziosi del mio college, il Corpus Christi, risalente al 1352. Il mio romanzo L’arcipelago in città, ambientato tra le isole Fiji e la Milano contemporanea, è ispirato da un viaggio che ho fatto nel cuore del Pacifico, durante il quale ho raccolto materiali e testimonianze in vari contesti tra cui l’Università del Pacifico del Sud, il Museo delle Fiji, e tramite persone che cito anche nei ringraziamenti. Ho scelto di dare una veste narrativa (e non saggistica o di guida di viaggio) a questa esperienza, ma alla base del progetto c’è stato un lavoro fondativo di ricerca e di selezione dei materiali. Un altro mio romanzo, La lettrice di Nuvole, si sviluppa da un periodo che ho trascorso a Parigi, e attraverso uno dei personaggi femminili cerco di filtrare tutta l’emozione e attrazione provata per alcuni angoli anche meno noti della Ville Lumière. In generale penso che nella costruzione dei personaggi sia importante la dimensione di verosimiglianza e di coerenza (per esempio nei dialoghi e nell’uso dei registri) unita a elementi di ‘finzione’ narrativa. Del resto la parola stessa ‘finzione’ (e fiction), nella sua etimologia, è legata all’immaginazione e creatività che ci permette di plasmare mondi narrativi.
Ricorda i primi libri che ha letto? C’è un libro o un autore in particolare che l’ha influenzata nel suo processo creativo?
Uno dei primi libri che ricordo con affetto è una bellissima edizione illustrata de L’isola del tesoro di Stevenson che mi fu regalata alle elementari: mi piace pensare che abbia contribuito al mio interesse per i viaggi e ad apprezzare poi autori come Bruce Chatwin. Tra gli autori italiani ho sempre amato molto Dino Buzzati, incluse le sue cronache come giornalista e inviato del Corriere della Sera, e tutta la produzione di Calvino: dalle geometrie narrative de Le città invisibili alle Lezioni americane a Se una notte d’inverno un viaggiatore, sul piacere della lettura e sulla natura stessa di romanzo. Leggo volentieri anche narrativa crime, da Carlotto al francese Michel Bussi.
Quali sono i suoi progetti futuri?
Sto lavorando alla stesura di un nuovo romanzo, ormai in fase avanzata, e allo stesso tempo mi dedico anche alla scrittura di racconti. Cerco sempre di far coesistere i momenti di maggiore respiro creativo dei romanzi (con le loro articolazioni di trama e ambientazioni) con la densità e il nitore dei racconti, dove ogni singola parola ricopre un peso specifico nell’economia della storia. Seguo anche con attenzione l’evolversi delle varie modalità di scrittura e lettura; i contenuti sono oggi fruibili secondo opzioni molto più ampie rispetto al passato: ebook, podcast, varie piattaforme e social, canali molto diversi, ma a mio avviso complementari e ognuno con un suo particolare pubblico di riferimento; un mio romanzo e alcuni miei racconti, per esempio, sono disponibili anche in forma audio. Personalmente continuo però a scrivere a mano oltre che a computer: scrivere a penna o tastiera, secondo gli studi di neuroscienza, attivano infatti aree cognitive differenti; scrivere su un foglio implica una modalità più ‘tridimensionale’ rispetto al premere sui tasti. Mi piace pensare che scrivere a penna ci sottragga almeno temporaneamente all’urgenza di tastiere e touch screen, e ci permetta di riappropriarci di un tempo di scrittura, e ri-lettura, sempre preziosi spazi di riflessione. A questo proposito Baricco, nel suo Saggio sulla mutazione, dà una definizione di libro che vorrei qui ricordare e condividere: “È un viaggio per viandanti pazienti, un libro.”
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